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Non è il cibo, è il tuo intestino che non si sente più al sicuro

Aggiornamento: 19 nov

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(Di Patrizia Coffaro)


Per anni ci hanno fatto credere che il gonfiore, la stanchezza dopo i pasti, la digestione lenta o la pancia tesa fossero semplicemente colpa del cibo. E così comincia il calvario delle eliminazioni... togli questo, togli quello, finché non rimane quasi nulla nel piatto. Ma la verità è che nella maggior parte dei casi non è il cibo il vero problema. È l’intestino stesso che ha perso il suo equilibrio, la sua capacità di accogliere e di filtrare, e comincia a reagire a tutto. È la mucosa, quel sottile confine tra il mondo esterno e il nostro interno, che non sa più distinguere ciò che è buono da ciò che è pericoloso. È come se fosse sempre in allarme, pronta a difendersi anche quando non serve.


E allora succede che anche un pasto semplice, un piatto di verdure o un frutto, diventa un peso. Ti senti gonfio, affaticato, e a volte anche nervoso, come se qualcosa si muovesse dentro di te ma non riuscissi a capirlo. È lì che comincia la catena... il sistema immunitario entra in gioco, interpreta ogni molecola come una minaccia e rilascia sostanze infiammatorie. Si chiama infiammazione silente, perché non la senti con dolore acuto, ma è costante, invisibile, e lentamente altera tutto il tuo metabolismo. Ti accorgi che il corpo non reagisce più come prima, che dormi male, che sei più irritabile, che ti manca la concentrazione, e intanto continui a pensare che il problema sia solo il pane o la pasta.


Ma non è così, Il cibo è solo il messaggero... Il vero problema è il terreno su cui quel cibo arriva. Se l’intestino è infiammato, anche il miglior alimento del mondo può diventare irritante. E non è questione di forza di volontà o di dieta perfetta, è questione di ricostruire la tolleranza. Quando l’intestino è in equilibrio, tollera. Tollerare significa accogliere senza reagire, elaborare e lasciar andare. Ma quando è infiammato, tutto diventa un potenziale pericolo. E quel senso di pancia in gue*ra è il segnale più chiaro che il corpo non si sente al sicuro.


La mucosa intestinale è un organismo vivo. È fatta di cellule che comunicano, di batteri buoni che la proteggono, di enzimi e di sostanze che regolano il passaggio di tutto ciò che mangiamo. È come un confine intelligente, selettivo, capace di decidere cosa far entrare e cosa trattenere. Ma basta poco per romperne l’equilibrio... antibiotici, pesticidi, farmaci, stress, diete iperproteiche o troppo restrittive, carenze di fibre, infezioni virali o batteriche, oppure emozioni trattenute per troppo tempo. Tutto questo, giorno dopo giorno, indebolisce la barriera e la rende permeabile.


Quando quella barriera si apre troppo, le molecole di cibo non completamente digerite passano nel sangue, e il sistema immunitario, che non le riconosce, le attacca. È lì che nascono molte sensibilità alimentari e reazioni infiammatorie. E il risultato è quella sensazione cronica di gonfiore, di stanchezza, di tensione addominale che non se ne va mai del tutto. Il corpo si difende, ma difendendosi si logora.

Il problema è che in questo stato l’intestino non riesce più nemmeno ad assorbire bene le sostanze buone... vitamine, minerali, amminoacidi, tutto passa male o non passa affatto. Così la stanchezza aumenta, il metabolismo rallenta, e anche il cervello ne risente. Perché sì, il cervello intestinale esiste davvero. È il sistema nervoso enterico, una rete complessa di milioni di neuroni che dialogano continuamente con la testa attraverso il nervo vago. È lì che si produce il novanta per cento della serotonina, la molecola che regola l’umore e il senso di benessere. Se l’intestino è infiammato, anche la mente diventa reattiva, ti senti agitato, ansioso, ipersensibile, come se qualcosa dentro di te fosse sempre sul filo.


E allora cominci a capire che non è solo una questione di alimentazione, ma di ambiente interno. Serve riportare calma, equilibrio, fiducia. Serve creare di nuovo un clima di sicurezza biologica, dove le cellule possano fare il loro lavoro senza vivere in stato di emergenza. E questo non si fa con la forza, ma con la gentilezza.


Un intestino infiammato non va forzato, va rieducato. Ha bisogno di regolarità nei pasti, di tempi di digestione rispettati, di fibre delicate e di sostanze lenitive. Ha bisogno di calore, non di stress. E anche di un microbiota sano, perché sono proprio i batteri buoni a mantenere la mucosa compatta e vitale. Quando la flora batterica si impoverisce, si apre la strada alle fermentazioni anomale, ai gas, al gonfiore. Per questo non basta aggiungere un probiotico qualsiasi... bisogna dare ai batteri giusti un terreno su cui attecchire.


E il terreno è la mucosa. Se lei è infiammata, nessun batterio riesce a colonizzarla. Prima bisogna calmarla, nutrirla, aiutarla a rigenerarsi. Ci sono sostanze naturali che possono farlo, ma sempre in modo graduale, fibre solubili, piante ad azione lenitiva come la camomilla, la melissa, la liquirizia deglicirrizinata, oppure estratti specifici che aiutano la mucosa a riprendersi, esistono degli sciroppi validi. E poi, certo, l’ascolto del corpo. Perché non esiste rigenerazione intestinale senza la partecipazione del sistema nervoso.


Quando mangi in fretta, mentre scrolli il telefono o discuti, il cervello entra in modalità difensiva e l’intestino riceve quel segnale... non digerisce. Quando invece mangi in calma, respiri, mastichi lentamente, il sistema parasimpatico si attiva e il corpo entra in modalità riparazione. È un equilibrio neuro-intestinale. Ed è qui che inizia davvero la guarigione.


Molti di voi magari convivono da anni con quella sensazione di pancia sempre gonfia, anche se mangiano poco. Con quel bisogno continuo di eliminare cibi, di cercare di capire quale sia il colpevole. Ma la verità è che, finché non si ricostruisce la tolleranza, continuerete a reagire a tutto. L’obiettivo non è mangiare sempre meno, ma far sì che il corpo torni a riconoscere il cibo come qualcosa di sicuro.

E quando succede, lo senti subito. Ti svegli più lucido, la pancia si sgonfia, respiri meglio, la mente si alleggerisce. Ti accorgi che non era solo un problema digestivo... era uno stato di difesa cronica. Era il corpo che viveva in trincea, pronto a reagire a tutto. Ma quando smette di difendersi, comincia a guarire. E allora il cibo torna a essere un piacere, non una minaccia.


Io dico sempre che l’intestino non va pulito, ma va tranquillizzato. È come un bambino spaventato. Non gli servono punizioni, gli serve fiducia. E quando gliela ridai, risponde subito. Si rilassa, riprende a lavorare, e il corpo ritrova il suo ritmo. Perché tutto parte da lì. Dall’intestino dipende la produzione di energia, la qualità del sonno, l’umore, la pelle, le difese immunitarie. Se lui sta bene, tutto il resto segue.

E allora, più che cercare sempre il nemico nel piatto, bisognerebbe chiedersi... cosa posso dare al mio intestino per farlo sentire di nuovo al sicuro? Non serve controllare ogni boccone, serve ascoltare. Serve restituirgli fiducia e a volte, quella fiducia arriva anche da un piccolo aiuto naturale, qualcosa che sostenga la mucosa, riequilibri la flora e riporti armonia nel terreno. Non serve molto, serve costanza, dolcezza e rispetto.


Quando l’intestino torna in pace, cambia tutto... ti senti più stabile, più calmo, più presente. L’energia risale, la mente è limpida, la pelle si distende. E capisci che non era solo questione di digestione... era un dialogo interrotto con il tuo corpo. Un dialogo che finalmente si è riaperto.


Ecco perché dico sempre che guarire non significa togliere, ma riconciliarsi. Con il corpo, con il ritmo, con la vita. Perché l’intestino è il primo luogo in cui impariamo a fidarci del mondo... lì accogliamo, lì trasformiamo, lì lasciamo andare. Se c’è armonia lì, c’è armonia ovunque.


XO - Patrizia Coffaro


© Questo contenuto è frutto del mio lavoro, della mia ricerca e della mia esperienza professionale. È vietata qualsiasi forma di copia, riproduzione, rielaborazione o utilizzo non autorizzato. Ogni violazione del copyright verrà perseguita.



"Il corpo non dimentica. Anche quando la mente sembra andare avanti, anche quando la vita riprende il suo ritmo, il corpo conserva la memoria delle esperienze che l’hanno segnato. E finché queste memorie restano intrappolate nei tessuti, nel sistema nervoso, nel respiro, la guarigione non può completarsi davvero. “Decodifica il tuo Trauma” è un percorso di trasformazione profonda che unisce scienza, psico-neuro-biologia e spiritualità per liberare alla radice le tracce del trauma e restituire coerenza al corpo, alla mente e al cuore. Perché ogni sintomo fisico, ogni blocco emotivo, ogni stanchezza cronica, porta con sé una storia non ancora ascoltata. E senza ascolto, nessun corpo guarisce davvero."


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2 commenti


Nei prossimi giorni proverò i 3/5 giorni per tranquillizzare l’intestino…. É la mia ultima speranza

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